Ai sensi dell’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004, un contratto di locazione non registrato è nullo; tuttavia, tale nullità è sanabile ex nunc con la registrazione, sicché il contratto deve considerarsi valido a far tempo dalla sua registrazione, giungendo a produrre i suoi normali effetti.
Rilevato che il conduttore intimato, costituitosi in giudizio, si è opposto alla convalida dello sfratto, sicché non ricorrono le condizioni onde provvedere a norma dell’art. 663 c.p.c.
rilevato che l’opposizione è fondata su prova scritta; visto che il conduttore ha eccepito la nullità del contratto di locazione per essere stato registrato tardivamente, ossia oltre i trenta giorni prescritti dalla legge; considerato, al riguardo, che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/ 2004 prevede testualmente che: ‘‘i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati’’;
considerato che, tra le diverse tesi emerse sulla portata di tale norma, quelle che trovano maggior riscontro nel diritto vivente sono quella della nullità non sanabile neppure con la registrazione tardiva, quella della nullità sanabile ex nunc con la registrazione e quella per cui la registrazione ha natura di condicio iuris il cui avveramento produce effetti ex tunc secondo la regola di cui all’art. 1360, comma 1, c.c., sicché, stando a tale ultima tesi, il legislatore non ha introdotto una nullità testuale ma un’ipotesi d’inefficacia, come quella sancita dall’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998;
ritenuto che tra le suindicate tesi sia da preferire quella che afferma la nullità del contratto anche se sanabile ex nunc (in questo senso, tra le altre, Trib. Santa Maria Capua Vetere, 13 luglio 2011; Trib. Napoli, 4 maggio 2009);
ritenuto che non si possa non dare un valore dirimente alla chiara lettera dell’art. 1, comma 346, cit., che fa riferimento alla ‘‘nullità del contratto di locazione’’, soprattutto se si considera che tale norma non solo ha ampliato l’ambito di incidenza della mancata registrazione rispetto a quanto prevede l’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998, ma ha anche reiterato la qualificazione del vizio in termini di radicale nullità;
ritenuto pertanto che, come sostenuto dalla Corte Costituzionale (ordinanze 420/2007; 389/2008; 110/2009), si sia in presenza di una vera e propria ipotesi di nullità, nel senso che il contratto di locazione è nullo ex art. 1418 c.c. per violazione della norma tributaria sulla registrazione: a ben vedere il generico richiamo operato dal giudice delle leggi all’art. 1418 c.c. assume per lo più rilevanza di inquadramento organico del tipo d’invalidità, visto che è esattamente una norma di legge (cioè l’art. 1, comma 346, cit.) che commina la nullità del contratto per violazione di altra norma ritenuta evidentemente imperativa, così come d’altronde previsto dall’ultimo comma dell’art. 1418 c.c. (si legge nelle ultime due ordinanze citate della Corte Costituzionale che tale operazione non costituisce una novità nel nostro ordinamento, poiché, ai sensi dell’art. 62 D.P.R. n. 131/1986, sono nulli i patti contrari alla disposizioni del decreto medesimo, compresi quelli che pongono l’imposta e le eventuali sanzioni a carico di una delle parti); ritenuto pertanto che non gioverebbe, per smentire la tesi della nullità, invocare la giurisprudenza di legittimità secondo cui la violazione della normativa fiscale, anche in ambito locatizio, non incide sulla validità del contratto, avendo esclusivo rilievo tributario, poiché qui non si tratta di un’ipotesi di nullità c.d. virtuale (che origina del combinato disposto della norma imperativa e della previsione di cui all’art. 1418, comma 1, c.c.), ma di un’ipotesi di nullità espressamente prevista dalla legge;
ritenuto ancora, sul punto, che ugualmente la tesi qui patrocinata non può essere superata neppure richiamando la giurisprudenza che ha optato per la tesi dell’inefficacia condizionata alla non registrazione riguardo all’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998, trattandosi di norma avente una portata diversa (segnatamente, ridotta) rispetto a quella di cui all’art. 1, comma 346, cit., che della prima costituisce un’evoluzione, essendo diretta a sanzionare con l’invalidità del contratto la mancata registrazione tout court;
ritenuto che il dubbio teorico, pure paventato dai fautori della tesi dell’inefficacia, per cui la nullità, per sua natura, dovrebbe riguardare l’iter formativo del contratto, possa ritenersi superato non solo dal fatto che è la legge che prevede la nullità, ma anche e soprattutto dal fatto che esistono altre ipotesi legislative rispetto alle quali è prevista la nullità sebbene il vizio origini da elementi estrinseci e successivi rispetto alla formazione del contratto, il che impone di ritenere che la nullità non è necessariamente un vizio genetico del contratto: le novità normative che si sono succedute negli ultimi anni, anche sotto la spinta della normativa comunitaria, hanno imposto una rivisitazione dell’analisi di alcune categorie tradizionali tra cui la nullità (si pensi, ad esempio, all’art. 67-septies decies cod. cons. che prevede la nullità del contratto se il fornitore ostacola l’esercizio del diritto di recesso da parte del contraente o non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate oppure viola gli obblighi di informativa precontrattuale);
ritenuto che la tesi della nullità radicale del contratto non registrato, con conseguente sua inesistenza giuridica e relativa insanabilità ex art. 1423 c.c., non appaia compatibile con la tutela degli interessi sostanziali sia dei contraenti che dell’erario;
considerato infatti che tale soluzione avrebbe ripercussioni negative non soltanto sugli interessi del conduttore, normalmente protetto dall’ordinamento in quanto individuato come contraente debole, e sull’interesse dello stesso locatore, costretto a ricorrere, in caso di inadempimento del conduttore, alla meno agevole azione ordinaria di occupazione senza titolo, ma anche sulla finalità della norma di cui all’art 1, comma 346, l. n. 311/2004 che è quella di far emergere il ‘‘sommerso’’, sicché si deve ritenere che la stessa norma consenta, analogamente a ciò che accade in ambito fiscale e con effetti validanti sul piano civilistico, il ravvedimento dei contraenti che non hanno registrato il contratto;
ritenuto pertanto che, sebbene l’art. 1, comma 346, cit., non preveda espressamente la sanatoria della nullità, è la sua stessa ratio, oltre che la complessiva disciplina locativa a tutela degli interessi di entrambi i contraenti, che consentono di affermare la convalidabilità del contratto nullo con effetti ex nunc, cioè dalla registrazione: in tal modo i canoni sono dovuti da tale data e il contratto decorre dalla medesima data (non pare possa invece condividersi la tesi della conferma del contratto analogamente a ciò che accade riguardo alla conferma del testamento nullo e della donazione nulla (Trib. Napoli, 19 settembre 2009) poiché la conferma comporta l’efficacia relativa dell’atto a svantaggio del confermante);
ritenuto che la riprova dell’intenzione del legislatore di attribuire alla registrazione un effetto sanante con decorrenza ex nunc la si desuma oggi anche dall’art. 3, comma 8, D.Lgs. n. 23/2011 che prevede la disciplina da applicare, in termini di durata del contratto di locazione e di entità del canone, nel caso di contratti registrati tardivamente, disciplina che decorre dalla registrazione (anche se tale previsione riguarda solo le locazioni abitative, esigenze di coerenza del sistema inducono a ritenere che la stessa possa essere interpretata per ammettere la convalida anche nelle locazioni ad uso diverso);
ritenuto che alcun limite alla tesi della nullità sanabile ex nunc possa rinvenirsi nella disciplina tributaria: non nella circostanza che in caso di mancata registrazione sono dovuti oltre all’imposta non pagata e alla sanzione anche gli interessi di mora poiché, com’è noto, in tema di imposta di registro l’art. 38 D.P.R. n. 131/1986 prevede l’irrilevanza della nullità e dell’annullabilità dell’atto sull’obbligo di chiedere la registrazione e pagare la relativa imposta, a meno che (ma non è il caso in esame) l’atto non sia dichiarato nullo per causa non imputabile alle parti (questa norma giustifica perché nonostante la mancanza di effetti del contratto fino alla sua sanatoria è dovuto il pagamento degli interessi di mora per il periodo pregresso);
ritenuto, sostanzialmente per il principio appena esposto per cui ciò che rileva in ambito tributario è l’effetto dell’atto più che l’atto stesso, che non osti alla tesi della nullità sanabile ex nunc neppure la previsione di cui all’art. 1, comma 342, l. n. 311/2004, relativa all’accertamento dei redditi di fabbricati, a tenore della quale in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili urbani si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso, poiché questa norma produce i propri effetti esclusivamente in ambito fiscale, come chiarito dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 10 del 16 marzo 2005);
ritenuto, venendo al caso di specie, che a far data dalla registrazione (cioè dal 7 agosto 2009), diversamente da quanto assunto dalla difesa di parte convenuta, il contratto è divenuto valido e ha prodotto i suoi effetti; ritenuto tuttavia che, nonostante la validità del contratto di locazione, ricorrano gravi motivi onde disattendere l’istanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. poiché, alla luce della documentazione prodotta dal conduttore, si rende necessario accertare, all’esito di un giudizio a cognizione piena, la circostanza da questi addotta per cui il locatore avrebbe rifiutato il pagamento del canone;
considerato che, in difetto delle condizioni per provvedere alla convalida dello sfratto, neppure ricorrono le condizioni onde disporre ai sensi dell’art. 664 c.p.c.; rilevato infine che deve farsi luogo al giudizio di merito nelle forme del rito speciale di cui all’art. 447-bis c.p.c.; applicati gli artt. 426 e 667 c.p.c.
Fonte: proprietaricasa